SANT’ONOFRIO: LA “NOVENA” E “A MISSA I L’ARBA” RINNOVANO IL “NATALE SANTONOFRESE” DI UN TEMPO.
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(SANT’ONOFRIO) E’ rimasta l’ultima grande tradizione ancora in vita del “Natale Santonofrese” di un tempo.
La “Novena” mantiene intatte tutte le sue suggestioni, rivelandosi capace di intenerire anche i cuori più duri sulle dolci note del motivo a tutti familiare del “Tu scendi dalle stelle”.
A riproporla anche quest’anno, da venerdì scorso e fino al prossimo 24 dicembre, un folto gruppo di giovani locali che sfidando i rigori dell’inverno attraversano nottetempo l’intero paese prima di convergere nella chiesa matrice per animare “a Missa i l’arba”.
Un rito che rimanda alla parte più autenticamente genuina della civiltà contadina caratterizzata da uno stile di vita povero ma ricco di valori in cui mirabilmente si coniugavano solidarietà e spiritualità.

(Vecchi e nuovi suonatori della tradizionale Novena Santonofrese)
Carica di suggestioni emotive si rivela quindi la Novena, con grandi e piccini che si svegliano di soprassalto e con il cuore che si gonfia di gioia al sopraggiungere di quelle note che annunciano l’“Avvento” del Salvatore.
E con esso l’attualità di quel “messaggio divino” che più di duemila anni fa “sconvolse”, nel segno dell’amore, l’umanità.
A Sant’Onofrio la tradizione della Novena non si è mai interrotta.
Tramandandosi di generazione in generazione, con una tale abbondanza di “sonaturi e cantaturi” che nel tempo si è assistito alla formazione di più squadre che andavano ad animare anche il Natale dei paesi vicini.
A caratterizzare la Novena di quest’anno poi, una sorta di “amarcord” con alcuni partecipanti “storici” che si sono aggiunti al gruppo attuale.
Su iniziativa di Vincenzo Suppa e dopo aver “rispolverato” i loro vecchi strumenti musicali si sono infatti ritrovati Gerardo De Fina, Onofrio Stinà, Mimmo Luciano e Nicola Pileci.
Tutti accomunati dal ricordo indelebile delle loro prime esperienze, più di quarant’anni fa.
“Altri tempi – ricorda con velata malinconia Suppa, che da tempo ha lasciato il testimone al giovane figlio Nicola – che abbiamo voluto rivivere almeno per una notte”.
“Allora – continua scavando nella memoria – sentivamo la vicinanza della gente che si rendeva protagonista dell’evento aprendo le proprie case al nostro passaggio per offrirci ristoro e calore umano”.
(Raffaele Lopreiato)